di Natale Cuccurese
Come da noi
ampiamente previsto e come dimostrato dal voto del 4 marzo, il Sud ha
reagito un voto di protesta che ha pochi eguali nella storia unitaria.D'altra
parte ormai la situazione nel Mezzogiorno è quasi apocalittica se consideriamo
che il Sud è afflitto da bassi livelli d’investimenti e scarsità di
infrastrutture rispetto al nord, alta disoccupazione ( maggiore di tre volte
rispetto al Nord), disoccupazione giovanile al record europeo in Calabria
(58,7%), record europeo di Neet ( tre milioni e mezzo di giovani che non
studiano più e non lavorano), povertà assoluta al 10% della popolazione più un
40% in povertà relativa, emigrazione verso il nord e l’estero a livelli record,
problematiche ambientali e sanitarie, evasione scolastica vicina al 20%, ben 6
punti sopra la media nazionale, il doppio di quella europea, un sistema
universitario messo alle strette per effetto di criteri "folli" nella
ripartizione dei fondi che premiano le Università del nord, i comuni prossimi
al default grazie alle folli politiche del pareggio di bilancio con conseguenti
politiche socio-sanitarie quasi azzerate e trasporti locali ai minimi storici,
un'aspettativa di vita più bassa di 5 anni rispetto alla media nazionale,
natalità in forte calo causa emigrazione giovanile e si potrebbe ancora
continuare a lungo ...
Peccato che a sinistra, malgrado gli allarmi da noi ripetutamente lanciati
quasi nessuno è stato in grado di prevedere, o capire, o sia stato minimamente
interessato ad intercettare il malcontento evidente. Un risultato che a noi
appariva ovvio e scontato visto che il Sud già da un anni, grazie anche alle
ultime politiche governative, provocatorie, quasi “coloniali”, aveva raggiunto
l’apice del malcontento ed era ormai una polveriera pronta ad esplodere.
Un
malcontento che si è dapprima espresso con una partecipazione compatta al
referendum costituzionale del 4 dicembre, con il NO ad oltre il 70% medio
regionale, per poi esplodere nel voto di protesta verso formazioni alternative,
presentate dai media come antisistemiche.
In altre parole è riesplosa con forza una "Nuova Questione
Meridionale", come da punto 14 del programma di Potere al Popolo,
unica lista presente alle elezioni con proposte concrete e soluzioni per
arginare la situazione disastrosa in atto al Sud.
Questo per rimarcare ancora come poco o nulla in realtà importi alla politica
italiana di qualsiasi colore e tendenza del Mezzogiorno e del destino dei suoi
abitanti. Spesso discriminati da politicanti e media o trattati con bonaria
sufficienza. Ma si sa, i meridionali si lamentano sempre…
Tutto era già scritto nella realtà dei fatti, certificata da freddi grafici e
brutali statistiche, bastava fare lo sforzo di leggerle, ma nemmeno quello si è
voluto fare. Solo disinteresse e fastidio, anche di gran parte dell’attuale
sinistra, forse compromessa da anni di frequentazioni di "salotti
buoni"...
Giunti quasi
al punto di non ritorno, della situazione drammatica del Mezzogiorno, inizia ad
occuparsene, finalmente, anche il Corriere della Sera ove il 9 Aprile si legge,
ad opera di F. Fubini:
"Il
Mezzogiorno sta vivendo una ripresa, un po’ più lenta rispetto al resto del
Paese, dove a sua volta è più lenta rispetto al resto d’Europa. Vanta alcuni
distretti competitivi, segnala Intesa Sanpaolo, come la meccatronica e
l’agroalimentare in Puglia o la mozzarella di bufala campana. Ma niente di
tutto questo cambia il quadro di fondo: gli anni dell’euro al Sud hanno coinciso
con una catastrofe economica con pochi paragoni nella storia europea.
Dall’inizio
del secolo il Meridione è rimasto indietro rapidamente: in termini di reddito
lordo, ha perso un terzo sulla media dell’Unione europea, il 30% sulla
Germania, il 27% sull’area euro e circa il 40% sulla Spagna; l’arretramento sul
centro-nord dell’Italia è stato di oltre dieci punti, persino sulla Grecia di
cinque (i dati sono basati su stime della Svimez). In tutta Europa solamente in
Campania, Calabria e Sicilia metà della popolazione o oltre viene considerata
da Eurostat a rischio di povertà e di esclusione sociale. La stessa agenzia
europea mostra che, stimando il reddito per abitante in proporzione al costo
della vita, il Mezzogiorno ormai viaggia al livello della Lettonia, più
indietro della Lituania e dell’Ungheria, quando ventanni fa era molto più
avanti. Nel 2015 circa quattro abitanti del Sud su dieci non avevano mai usato
Internet, sempre secondo Eurostat, valori registrati solo in una singola
regione greca e in parti della Romania. Criticare e ancor meno deridere non
avrebbe senso. Per motivi che hanno poco a che fare con Bruxelles o
Francoforte, l’esperienza del Mezzogiorno nell’euro finora è stata un
drammatico fallimento ma adesso il tempo stringe: dall’inizio del secolo
quest’area ha visto emigrare un decimo dei suoi abitanti, i più dinamici e
istruiti. E provateci voi a vendere una casa, quando tanta gente vuole
andarsene. Al Sud milioni di famiglie hanno profuso i loro risparmi in immobili
che oggi hanno un valore di mercato residuale. "

Detto quindi di quello che sembra, vista
anche la fonte, l’ennesimo grave errore di calcolo partorito ai danni dei
cittadini del Sud, bisogna capire come fare per far risalire la china al
Mezzogiorno e ai suoi cittadini, non certo contro il nord, ripetiamo, ma come
volano economico al fine di far ripartire l’intero paese anche in termini di
PIL.
Proviamo a tracciare solo tre proposte di
“primo intervento”, che soprattutto in campo progressista sarebbe meglio
trovassero sponda, vista la situazione comatosa della sinistra italiana; eccone
alcune:
1) Interventi pubblici in deroga al
pareggio di bilancio imposto dall’Europa a trazione tedesca, al fine di far
ripartire l’occupazione, arginare povertà ed emigrazione.
2) Politiche di innovazione che guardino
al Sud. Industria 4.0 è una seria opportunità per le sole regioni del
Centro-Nord (come sempre), ma non c’è traccia del Mezzogiorno. Senza correzioni
si corre il rischio che la incombente rivoluzione tecnologica generi un
ulteriore aumento del divario nord-sud ed un ulteriore impoverimento del
Mezzogiorno
3) Riequilibrio Nord-Sud. Nel Mezzogiorno
vive il 34 % della popolazione a cui viene destinato il 20% circa di risorse,
compresi i fondi europei che hanno smesso di essere aggiuntivi.
La nostra proposta, espressa nel libro
“Con il Sud si riparte”, prevede la clausola 1 metro x 1 metro.
In altre parole se lo Stato investe in un metro di strada, ferrovia, aeroporto,
ospedale, scuola, asilo e cosi via al Nord, lo stesso deve fare anche al Sud,
congelando così, almeno in questa prima fase, la situazione all’attuale
diversità di sviluppo infrastrutturale e non permettendo così una ulteriore
differenziazione a scapito del Sud.
Già questo sarebbe un vantaggio per il
Sud, un grosso passo in avanti rispetto alla situazione attuale a dimostrazione
di come la situazione sia deteriorata.
In alternativa si riparta almeno dalla
clausola Ciampi: 45% di investimenti in conto capitale destinati al sud e da
una seria riflessione sul ruolo di cassa depositi e prestiti.
Vedremo nei prossimi mesi se alla prova dei fatti le promesse più demagogiche
fatte da chi ha vinto le ultime elezioni non saranno mantenute, come io credo,
dove e come si andrà a ripercuotere questo sentimento di rabbia, frustrazione e
rivolta che sempre più forte sale al Sud. Un sentimento che dobbiamo prepararci
ad intercettare. Abbiamo davanti praterie di consenso se sapremo rispondere
alle esigenze territoriali della parte più martoriata del Paese, colpita dalla
crisi e dalla austerità europea.
Intanto emerge dai dati, e lo dicevamo da
tempo, un paese diviso in due, soprattutto nei tassi di occupazione. E c’è pure
chi cade dal pero e si chiede il perché del voto di protesta del 4 Marzo al
Sud. Il Mezzogiorno non è in cerca di assistenzialismo. Semplicemente al
Sud disoccupazione e precarietà sono molto più diffuse che nel resto d'Italia,
grazie soprattutto alle politiche governative degli ultimi 25 anni, e il
reddito non basta per vivere con dignità. Il rilancio del Paese passa
obbligatoriamente dal rilancio del Sud.
Che il Mezzogiorno fosse da tempo una
"polveriera" e che avrebbe giustamente reagito allo stato attuale
delle cose l'abbiamo sostenuto più volte e con forza negli ultimi mesi. Peccato
che a a sinistra i temi Sud non siano stati sempre messi bene a fuoco e tenuti
in maggiore evidenza in campagna elettorale, anche per non lasciare mano libera
a qualunquisti e destra. Ora che se ne paga il giusto scotto è inutile
lamentarsi. Bisogna concentrarsi su questo dato e da qui ripartire per capire
come la sinistra può intercettare questo malcontento e questa richiesta di
maggiore attenzione ed equità che giunge forte dai territori. Lavoriamo a
questo da subito con chi a sinistra lo vuole o riesce a capire...
Natale Cuccurese