martedì 19 dicembre 2017

"Frattaglie numero 3"...nuova rubrica di Giovanni Cutolo.


F R A T T A G L I E

numero 3



di Giovanni Cutolo

8. All’ingresso del tempio di Apollo a Delfi, i pellegrini erano accolti da un’iscrizione che diceva Conosci te stesso! L’esortazione implicava che l’individuo medio di quei tempi non conoscesse il suo vero io e dunque ignorasse che cosa fosse la vera felicità. Purtroppo nulla sembra indicare che per lo stesso "individuo medio” le cose siano oggi cambiate più di tanto. E ciò malgrado siano trascorsi più di duemilacinquecento anni. Continuiamo a cercare la felicità (e la conoscenza) all’esterno anziché all’interno di noi stessi.

9. Oltre un secolo fa Friedrich Nietzsche annotava che L’importante  non è fare quello che vuoi ma volere quello che fai. Oggi Yuval Noah Harari si spinge oltre, osservando che "Dato che presto potremmo essere in grado di progettare anche i nostri desideri, forse la vera questione che ci troviamo di fronte è sapere "Che cosa vogliamo volere". E conclude dicendo che “Coloro che non sono spaventati da questa interrogativo non ci hanno riflettuto abbastanza.”

venerdì 8 dicembre 2017

Il compleanno (10 anni) del Partito del Sud


08/12/2007 - 08/12/2017 Il Partito del Sud compie dieci anni. BUON COMPLEANNO AL PARTITO DEL SUD !!


Il giorno 08/12/2007 nella sala congressi dell'Hotel Serapo di Gaeta veniva fondato il Partito del Sud.

Nei dieci anni dalla fondazione il Partito del Sud è sempre stato presente ogni anno, con il proprio simbolo, a elezioni nazionali, provinciali e comunali; inoltre a convegni, volantinaggi, trasmissioni televisive locali e nazionali, comizi, dibattiti e tante altre manifestazioni.


BUON COMPLEANNO E CENTO DI QUESTI GIORNI AL PARTITO DEL SUD !!


sabato 2 dicembre 2017

"Frattaglie numero 2"...nuova rubrica di Giovanni Cutolo.


F R A T T A G L I E

numero 2



di Giovanni Cutolo


3. Il sole splendeva, non avendo altra alternativa, sul niente di nuovo.
    (Samuel Beckett)

4. In ogni minoranza intelligente, c'è sempre una maggioranza di imbecilli.
    (Andrè Malraux)

5. Se hai un motivo per vivere, puoi sopportare praticamente ogni cosa.
    (F. W. Nietzsche)

6. Si possono fare molte cose con le baionette, ma é piuttosto scomodo starci seduto sopra.
    (Talleyrand)

7. Non esiste alcun Dio, ma non ditelo al mio domestico, se no di notte viene a uccidermi.
    (Voltaire)


mercoledì 29 novembre 2017

Intervento a Roma di Enzo Riccio


Intervento di Enzo Riccio all'assemblea a Roma #accettolasfida #poterealpopolo del 28/11/2017

Intervento di Enzo Riccio del Partito del Sud all'assemblea territoriale di Roma il 28/11 dei movimenti e associazioni che hanno riposto positivamente alla sfida lanciata dai compagni di Napoli di Ex Opg - Je so' pazzo #accettolasfida#poterealpopolo ...






venerdì 24 novembre 2017

"Frattaglie"...nuova rubrica di Giovanni Cutolo


F R A T T A G L I E



di Giovanni Cutolo

1. La caratteristica davvero unica del linguaggio umano non risiede nella capacità di trasmettere informazioni su cose reali, come alberi, fiumi, uomini o leoni. Risiede piuttosto nella capacità di trasmettere informazioni su cose che non esistono affatto. Su intere categorie di cose che non abbiamo mai visto, toccato od odorato. Fu così che leggende, miti, dèi e religioni comparvero, grazie alla cosiddetta Rivoluzione cognitiva.

(Yuval Noah Harari, Sapiens-Da animali a dèi, Bompiani, pag. 36)

2. Nell’universo originario non esistono dèi, non esistono nazioni, né denaro né diritti umani né leggi, e non esiste alcuna giustizia. Tutte queste cose esistono solo nell’immaginazione comune degli esseri umani. Dall’inizio della Rivoluzione cognitiva Homo sapiens ha in effetti vissuto una realtà duale: da un lato la realtà oggettiva di fiumi, alberi e leoni; dall’altra, la realtà immaginata di dèi, nazioni e società per azioni. Col passare del tempo la realtà immaginata è diventata via via sempre più potente, di modo che oggi la sopravvivenza di fiumi, alberi e leoni dipende dalla benevolenza di entità quali dèi, nazioni e società per azioni.

(Yuval Noah Harari, Sapiens-Da animali a dèi, Bompiani, pagg. 41, 46, 47)

giovedì 23 novembre 2017

Il Partito del Sud è contro le pensioni legate all'aspettativa di vita


di Bruno Pappalardo

Il PARTITO DEL SUD, nel suo VI Congresso svoltosi a Napoli il 28.Ottobre 2017, ribadiva, attraverso la lucida relazione del Presidente Natale Cuccurese, un punto precipuo del programma politico del Partito: APPLICARE LA COSTITUZIONE ITALIANA COSÌ COM’È!...APPLICARLA SEMPRE!

Ovvio, i tempi cambiano, mutano problematiche e comportamenti della popolazione che reclamano un naturale adeguamento ad essi, ma, pur tuttavia, i principi espressi nella nostra Carta Costituzionale restano incredibilmente nuovi, necessari per additare sempre la giusta via a ciascuno di noi e come dinamizzare l’organizzazione della  società.  Sono erme, stele granitiche, sono valori di  ogni uomo in maniera assoluta.

Se i governi della Repubblica Italiana avessero svolto questo compito, ebbene, molti dei problemi che oggi soffocano l’Italia, sia sotto l’aspetto della crescita economica che quella degli equilibri sociali, di assistenza, sanità e tutela dei diritti, - in particolare il Sud - non sarebbero mai nati o, perlomeno, sarebbero stati risolti se fossero stati veramente fedeli ad Essa.
Per i seguenti articoli della Carta costituzionale:
Art.4; TITOLO III, gli artt. 35; 36; 37 e  38 e altri che seguiranno in successive comunicazioni per esplicitarne i motivi.
L’aspettativa di vita è diversa in Italia tra Regione e Regioni. La Regione Lombardia detiene il primato di 85,4 mentre in Campania il 78,4. Si crea un’evidente sperequazione socio-economica contraddicente il dettato costituzionale. Si rende illegittima altresì disonesta rispetto a tutti i cittadini italiani;

Erogano il servizio previdenziale l’INPS e l’INAIL. L’istituto Naz. Prev.za Soc.le si occupa di pensioni, di invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria (integrazione guadagni) Malattia. L’INAIL si occupa di Infortuni su lavoro e malattie professionali. Tutte sono coperte da assicurazioni obbligatorie per le quali il datore versa in contributi, mentre il lavoratore ha delle trattenute sullo stipendio.
Risulta veramente strano come i due istituti di Previdenza possano essere eternamente in perdita di bilancio. Nessuno ci crede!
Avanti così finirà il diritto al lavoro e all’assistenza sanitaria previsto dalla Costituzione, ( art.2); Si ridurrà il Pil e i consumi. Il paese si impoverirà e senza giovani ( che andranno via) cadranno diritti e istituzioni sociali per i cittadini.
IL PARTITO DEL SUD RIFIUTA IL CONCETTO CHE LEGA LE PENSIONI ALLE ASPETTATIVE DI VITA DEGLI ITALIANI! 

Il Welfare deve essere rivisto e con estrema urgenza prima che si compia ancora un'altra Strage di Stato

Bruno Pappalardo

lunedì 20 novembre 2017

"Città vs Stati" di Giovanni Cutolo


Una riflessione a corollario sulle vicende catalane di Giovanni Cutolo membro del CDN del Partito del Sud e Resp.le PdelSUD Spagna.

CITTA’ vs STATI

Nel mediterraneo è nata la civiltà. La civiltà è nata nelle città. E le città sono nate molto prima degli Stati nazionali, che in effetti sono un’invenzione relativamente recente. Difatti in Europa la maggior parte degli Stati nascono nell’ottocento per ripartirsi i resti dell’Impero Romano d’Occidente, oramai ridotto a Impero Austro-Ungarico, all’interno del quale si ritrovavano l’Italia, l’Ungheria, la Romania, la Bulgaria, la Croazia, la Serbia, l’Albania e altro ancora. 
La storia però ci insegna che Firenze, Venezia, Napoli e Roma esistevano già molto prima dell’Italia politica; così come Atene è nata prima della Grecia e Barcellona prima della Spagna.

Dovremmo forse guardare meno all’Europa e rivolgerci di più verso il Mediterraneo. Bisognerebbe forse rottamare lo Stato-Nazione a favore delle Città-Stato. Oggi oltre il 50% della popolazione mondiale vive nelle città e si stima che nel 2030 questa percentuale arriverà al 70%. Le città del futuro, le smart-city, potrebbero forse servire meglio ai cittadini di quanto non servano la più parte delle nazioni, oramai divenute dei mostri organizzati per presiedere fondamentalmente al prelievo fiscale. (Peter Sloterdijk, La mano che prende, la mano che dà, Raffaello Cortina, 2012.)
Negli ultimi anni ho molto viaggiato in auto tra Barcelona, Nizza e Milano. Partendo da Barcelona si attraversano duecento kilometri circa di Catalogna per passare, attraverso una frontiera oramai invisibile, nella Catalogna francese; ancora poco più di cento kilometri e si arriva nella Languedoc (la lingua d’Oc, quella di tutti questi territori, diversa da quella di Huil, la lingua delle nazioni); si attraversano poi la Provenza e la Liguria per arrivare nella Lombardia e infine a Milano.
Lungo tutto questo tragitto di circa mille kilometri, questo largo territorio presenta innumerevoli affinità che uniscono - paesaggio, cucina, fisionomie, abitudini, costumi, musica e lingua – tutte cose che la storia ufficiale ha tentato di cancellare mediante l’omologazione nazionalistica. 
L’intero viaggio si svolge all’interno di uno spazio ad alta omogeneità, che ha resistito alla politica delle nazioni, adattandosi ma rimanendo nel fondo fedele a se stesso.

In tutto il Sud della Francia si parla la lingua d’Oc che è assai simile al catalano e che si ritrova a Nizza, in Liguria e ancora in alcune valli del Piemonte; la bandiera catalana a strisce gialle e rosse si ritrova costantemente fino a Nizza e in alcune località liguri; la cucina è molto simile per ingredienti e ricette. Alle spalle di Nizza, fondata dal barcellonese Conte Berenguer, si trova Barcelonnette che ricorda la Catalogna nel suo stesso nome e nei colori della sua bandiera; colori che si ritrovano negli stemmi di numerose altre località della Languedoc, della Provenza e della Liguria.
Insomma l’impressione che si ricava attraversando questi territori è che, pur cambiando tre volte di “Stato” –Spagna, Francia e ltalia – si rimanga sempre nella stessa “Regione”. E soprattutto che l’omogeneità di questa sia di gran lunga maggiore dell’omogeneità di quello. E ciò a dispetto del fatto che, politicamente e giuridicamente, la realtà degli Stati nazionali abbia sostituito, da oramai molti secoli, le originarie realtà costituite da Città e Regioni.
Giovanni Cutolo

venerdì 17 novembre 2017

COMUNICATO


C O M U N I C A T O


Mercoledi 15/11/2017 c/o gli Uffici del Parlamento a Roma Conferenza stampa Partito del Sud e Sinistra Italiana. Sottoscritto Patto di collaborazione, amicizia ed unità d'intenti per far sì che le proposte,richieste,contributi,anche istituzionali, del meridionalismo progressista abbiano la giusta attenzione,attraverso la Sinistra,alle esigenze e ai problemi del Sud. Partito del Sud rappresentato dal Presidente Nazionale Natale Cuccurese,dal Vice presidente Andrea Balìa, e da Enzo Riccio,Bruno Pappalardo e Giuseppe Lipari del CDN del partito. Sinistra Italiana rappresentata dal Segretario Nazionale Nicola Fratoianni e dal Senatore Peppe De Cristofaro.



giovedì 9 novembre 2017

Nuovo Organigramma 2017 del Partito del Sud





Come da ultimo VI Congresso Nazionale del Partito del Sud,tenutosi a Napoli il 28/10/2017 u.s. ecco l'organigramma deliberato e votato del partito.

Complimenti a tutti!


PRESIDENZA NAZIONALE (SEGRETARIO POLITICO NAZIONALE)

Natale Cuccurese


VICE PRESIDENZA NAZIONALE

Andrea Balia, Michele Dell'Edera


PRESIDENZA ONORARIA

Antonio Ciano


SEGRETERIA ORGANIZZATIVA NAZIONALE

Enzo Riccio


CONSIGLIO DIRETTIVO NAZIONALE

Andrea Balia, Natale Cuccurese, Giovanni Cutolo, Enzo Riccio, Antonio Ciano, Rosanna Gadaleta, Michele Dell'Edera, Emiddio de Franciscis di Casanova, Giuseppe Spadafora, Pino Lipari, Bruno Pappalardo, Michele Ammendola, Maurizio Criscitelli, Filippo Romeo, Antonio Rosato, Iolanda Siracusano, Ezio Spina, Giovanni Maniscalco


TESORIERE

Filippo Romeo


COMITATO GARANTI

Emiddio de Franciscis di Casanova, Pino Lipari, Antonio Rosato.

RESPONSABILI AREE TEMATICHE E PROGETTUALITA’

Michele Ammendola………………................Rapporti con le Associazioni
Anna Maria Buffa..........................................Dipartimento Donne
Gigi Cappabianca……………………………..Ambiente
Roberto Carucci............................................Mobilità
Maurizio Criscitelli…………………................Sport
Natale Cuccurese………………....................Lavoro ed Economia
.
Giovanni Cutolo e Andrea Balia…….............Cultura e Turismo

Michele Dell’Edera………………...................Comunicazione
Vincenzo Emilio.............................................Legalità
Bruno Pappalardo e Salvatore Cozzolino…..Patrimonio Artistico e Architettonico
Valentino Romano.........................................Ricerca Storica
Filippo Romeo…………………......................Tesoreria e Amministrazione
Antonio Rosato e Guglielmo Di Grezia……...Difesa e Sicurezza
Iolanda Siracusano........................................Ufficio Stampa
Ezio Spina………………………………...........Politiche Diverse Abilità

Il vero problema




di Andrea Balìa

Diritti che se ne vanno a far benedire…vedi il Jobs Act e l’abolizione dell’articolo 18, e ora questo tran tran sulle pensioni che dovrebbero scattare a 67 anni anche per le donne.
Poi fai un po’ di ricerca e scopri che entrambi i sessi in Svezia vanno a 61, che in Austria le donne a 60, e che anche in Croazia, assieme ad altri paesi, stanno messi meglio di noi. Ma allora vorresti il meglio? La considerazione è anche lecita…no..ma in Germania il tetto è a 64,5…insomma siamo il fanalino di coda del peggio. Si, ma la vita s’allunga..altra teoria a sostegno della modifica. Risposta : ma s’allunga solo in Italia? E sempre a sostegno di questa modifica peggiorativa c’è la giustificazione che non si possono sforare i conteggi e le finanze destinate in merito. E qua casca l’asino…il vero problema è la REDISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA! 
Vero vulnus d’eguaglianza che anche la Sinistra fa fatica a mettere a centro delle sue teorie, proposte e richieste. I soldi vanno presi dove sono male o eccessivamente allocati. Punto! Identico problema per le esigenze del Sud. Parolina che deve diventare il vero mantra della Sinistra, in ispecie del nascente (a fatica) Quarto Polo. Bisogna entrare nel merito delle esigenze vere e nei ritardi in cui è costretto il Meridione. Infrastrutture, povertà vera, fuga dei giovani con conseguente desertificazione,ecc…ecc..Vanno anche bene le giornate e le lapidi della memoria d’un sudismo nostalgico, sponsorizzato strumentalmente da un populismo pentastellato, ma il problema reale è altresì : ”la memoria e presa d’atto del presente”, e proporre, battersi e risolvere. 
Gramsci insegna e la Sinistra ha il maestro in casa, come giustamente sostiene e cerca di sensibilizzare un sano meridionalismo progressista. Quindi coraggio! Si crei e si porti avanti un’organizzazione politica che abbia al centro delle sue battaglie e proposte il concetto (quello vero) d’uguaglianza,che contiene i diritti dei lavoratori,un’equa età pensionabile e il Sud.

Andrea Balìa

sabato 4 novembre 2017

CATALUNYA 2 - di Giovanni Cutolo




CATALUNYA 2.

La crescita dell’indipendentismo in Catalunya è dovuta al nazionalismo uninazionale dello Stato borbonico spagnolo e al suo establishment politico-mediatico

Il fatto che la destra, così come anche molta sinistra spagnola,attribuisca la responsabilità di questa crescita alla politica informativa ed educativa del Governo catalano, si spiega con il desiderio di negare qualsiasi responsabilità dello Stato spagnolo, che invece è la causa prima del desiderio di larghe fasce della popolazione catalana di separarsi dalla Spagna. La causa della crescita dell’indipendentismo non ha la sua sede in Catalunyabensì nelle scelte politiche dello Stato centrale basato a Madrid, capitale del Regno e centro del nazionalismo spagnolista, che è la prima e più importante causadi questa crescita. Per capire quello che succede in Catalunya è necessario conoscere il passato occulto, volutamente dimenticato dalla storiografia ufficiale del paese,e il presente, artatamente manipolato dall’establishment politico-mediatico. Il nazionalismo uninazionale, la cui massima espressione fu la dittatura franchista durata quasi quarant’anni (1936-1975), è ancora ben presente nella democrazia attuale. Si tratta di una cultura che è rimasta all’interno del nuovo Stato democratico in conseguenza del fatto che la sin troppo celebrata Transizione dalla dittatura alla democrazia (1975-1978), non comportò una reale rottura con lo Stato anteriore, bensì un’apertura voluta soltanto al fine di incorporare elementi di democrazia utili a consentire l’ingresso della Spagna nell’Unione Europea. Elementi di democrazia assolutamente insufficienti per poter effettivamente omologare la democrazia esistente in Spagna all’interno della maggioranza dei paesi della comunità politico-amministrativa europea.

Il nazionalismo uninazionale spagnolista che pretende non essere definito come nazionalismo

Lo Stato spagnolo è sempre stato lo strumento primo di questo nazionalismo spagnolista, propugnato dalla Monarchia borbonica.  Questa visione uninazionale è presente in maniera dominante nell’intellighentzia spagnola. Ed è una visione così poderosa e così generalizzata che nemmeno gli stessi attori/autori che ne sono interpreti si rendono conto di esserne asserviti. E’ tipico di qualunque discorso discriminatorio che chi lo propugna non si renda conto di farlo. Sicché, per esempio, in una cultura machista le espressioni machiste utilizzate nel linguaggio non vengono riconosciute come tali da coloro stessi che le utilizzano, i quali non ne sono nemmeno coscienti. Certi termini sono così radicati nel linguaggio e nella maniera di pensare dominante che finiscono per non essere più percepiti come ideologici; vengono invece considerati come facenti parte di un linguaggio ragionevole e/o logico. E’ quello che succede con il nazionalismo spagnolista che non ritiene di essere un nazionalismo. Talché il termine “nazionalismo” viene utilizzatosoltanto per definire i nazionalismi “periferici”, come il catalano, il basco o il galiziano. Oggi in Spagna assistiamo al paradosso di vedere Vargas Llosa e altri intellettuali sostenere che i nazionalismi sono negativi, però definendo così solo quelli periferici, senza riconoscere di essere essi stessi profondamente nazionalisti dal momento che pretendono imporre il loro nazionalismo, un nazionalismo uninazionale e centralizzatore, a tutti gli altri.
Questo nazionalismo uninazionale fu imposto a sangue e fuoco in Catalunya nel 1714 e poi durante la Guerra Civile (1936-1939). Non si vuole riconoscere che, per esempio, la lingua catalana fu sempre proibita dagli occupanti dellaCatalunya essendo consentito parlare soltanto “la lengua del imperio”, come si definiva il “castellano”, che noi italiani chiamiamo spagnolo. Il fascismo, massima espressione del nazionalismo spagnolista, comportò non solo l’oppressione di una classe sociale ma di una nazione intera. Questo fatto non lo si vuole ammettere e tantomeno riconoscere, preferendo dimenticare deliberatamente l’enorme brutalità che arrivò a sorprendere persino alcuni dirigenti del nazismo tedesco e del fascismo italiano, in visita a Barcellona durante l’occupazione franchista, susseguente alla Guerra Civile. I golpisti franchisti, che interruppero con le armi il sistema democratico repubblicano, governarono esercitando deliberatamente il terrore, ben coscienti del fatto che la grande maggioranza della popolazione era contro di loro.  In Catalunya massimamente, ma anche nel resto del paese.


L’imposizione del nazionalismo uninazionale spagnolista
In Catalunya, sia pure con risultati scadenti,si è condotto sistematicamente e per un tempo assai lungo un genocidio culturale, un fatto questo cheil nazionalismo spagnolista ha voluto e ancora vuoledisconoscere, ignorare e occultare.La repressione brutale e la politica del terrore contro la maggioranza espressa dalle classi popolari, volute e condotte dalle oligarchie e dalla éliteancora oggi al potere, si applicarono all’intera Spagna, con un particolare accanimento nei confronti della Catalunya e della sua cultura. La sinistra catalana ha sempre sostenuto che la lotta per l’emancipazione delle classi popolari e della nazione catalana è una sola e unica lotta.In Spagnala grande influenza del nazionalismo spagnolista ha sempre giudicato come secessionismo qualsiasi difesa dell’identità catalana e della plurinazionalità del paese. La marginalizzazione di Pasqual Maragall, presidente socialista della Generalitat de Catalunya e già sindaco della Barcellona dei Giochi Olimpici del 1992, voluta dal PSOE (Partito Socialista Operaio Spagnolo)del presidente Zapatero per contrastare il tentativo di affermazione del diritto della Catalunya a essere nazione, esemplifica assai bene questa influenza. Maragall fu accusato di simpatie secessioniste, ma nella realtà la richiesta catalana di riconoscimento non ha mai celato, né allora né oggi, ambizioni secessioniste. Anche in Spagna come nel resto d’Europa i socialisti cominciavano a dimenticare cosa volesse dire essere socialisti.
Critica al supposto vittimismo della Catalunya

Altra accusa reiterata dell’establishment politico-mediatico spagnolo al nazionalismo catalano è quella di vittimismo, presentando la Catalunya come se soffrisse di un complesso paranoico in quanto vittima della Spagna. Complesso secondo loro infondato dato che la Catalunya avrebbe sempre goduto di un trattamento preferenziale da parte dello Stato spagnolo. Un’analisi obiettiva di quanto avvenne con la Statuto del 2006 (quando alcune delle sue parti essenziali furono annullate dal veto posto dal Tribunale Costituzionale, dando inizio all’impennata dell’indipendentismo) mostra l’infondatezza di questa accusa. Ecco dunque una breve lista delle ingiustizie e delle offese fatte alla Catalunya. Nel 2005 il governo tripartito catalano di sinistra, guidato dal socialista Pasqual Maragall, elaborò uno Statuto che ridefiniva la relazione del governo della Generalitat catalanacon lo Stato spagnolo, Statuto nel quale proponeva, tra altre cose, il riconoscimento della Catalunya come nazione, all’interno di uno Stato spagnolo plurinazionale. Tale Statuto, come già detto, fu approvato dal Parlamento della Catalunya, e poi (con alcune modifiche) dalle Cortes Españolas (il Parlamento di Madrid) e infinedal popolo catalano, consultato con un referendum. Purtroppo però tutto questo processo che rifletteva un accumulo di decisioni prese da diverse Istituzioni, tutte diversamente sovrane,fu completamente ignorato. Elementi importanti di questo Statuto furonomodificati o vietati dal Tribunale Costituzionale, controllato dal PP (Partito Popolare), realizzando quello che è stato definito un vero e proprio colpo di Stato al servizio degli interessi di un unico partito. E, offesa ancor maggiore, furono eliminati dal nuovo Statuto catalano elementi che erano stati approvati negli Statuti di altre Comunità Autonome, come quella dell’Andalusia. Perché dunque accusare di paranoia la Catalunya?Questo atteggiamento si è ripetuto e ha illustrato il comportamento del governo centrale, da allora sino a oggi. Come interpretare la mobilitazione dello scorso settembre, in omaggio alla Guardia Civil responsabile delle oltre mille vittime del 1° di Ottobre se non come un ennesimo atto del nazionalismo spagnolista, dato che Guardia Civil e Polizia nazionale operarono come strumenti al servizio dello Stato spagnolo per imporre la legge di Madrid in Catalunya?L’esagerata enfasi al rispetto della Legge – un altro degli argomenti reiterati ossessivamente dal nazionalismo uninazionale spagnolo, come un monotono mantra - ignora volutamente che la Costituzione del 1978 risale appuntoal periodo della cosiddetta Transizione (1975-1978). Un periodo assai poco equilibrato, durante il quale i franchisti vincitori della Guerra Civil (che controllavano l’apparato dello Stato e la maggior parte dei mezzi di comunicazione) avevano praticamente tutto il potere, mentre i vinti, i Repubblicani, (che avevano vinto le elezioni nel 1936 ottenendooltre il 60% dei seggi nel Parlamento di Madrid) avevano un potere assai scarso, essendo nella maggior parte appena usciti dal carcere o ritornati dall’esilio o riemersi dalla clandestinità. La continua referenza al rispetto della Legge è il messaggiodi quelli che vogliono garantirsi il perpetuare anche oggi dello stesso squilibrio nel confronto fra le forze politiche. Una mera scusa per difendere lo statu quo.
Per quanto poi riguarda l’approvazione della Costituzione da parte di tutta la popolazione spagnola garantirebbe quella legittimità alla quale devono sottostare tutti coloro che si pretendono democratici, occorre segnalare che alla popolazione furono presentate due sole alternative: aprire alla Democrazia, così come riflessa nella Costituzione oppure continuare con la Dittatura. Di fronte a queste due opzioni era ovvia quale fosse la scelta della maggioranza degli spagnoli. Ma altrettanto ovvio rilevare che dovunque – anche in Catalunya dove la maggioranza fu la più alta – prevalse il rigetto alla dittatura piuttosto che l’entusiasmo per quella particolare Costituzione, quella attualmente in vigore, che l’establishment di Madrid difende con le unghie. La risposta al referendum costituzionale fu l’unica possibile per la soluzione di una situazione altrimenti oramai intollerabile.

Per quei catalani che si sentono anche spagnoli, è oggi assai difficile optare per qualcosa che non sia il secessionismo, dato che l’immagine che rinvia la Spagna alla Catalunya è molto poco seducente. Va guardato con speranza e considerato positivamente la comparsa su tutto il territorio spagnolo di nuove forze progressiste che difendono una visione plurinazionale. Esse sole potranno salvare la Spagna, perché la repressione e la costante ottusa offesa alla Catalunya da parte dello Stato spagnolo hanno oramai quasi raggiunto l’obiettivo desiderato dall’indipendentismo. L’ostilità crescente di larghe fasce della società catalana nei confronti dello Stato spagnolo e della Spagna è un fatto oramai acquisito. Oggi più che mai occorre credere che un’altra Spagna sia possibile, una Spagna plurinazionale e repubblicana, della quale la nuova Catalunya possa fare parte. Il troppo lungo protrarsi del dominio dello Stato borbonico ha purtroppo oramai aperto le porte a un secessionismo di pancia, condiviso da una grande parte dei catalani, popolari e/o borghesi.
* * *
Questo scritto è il risultato della mia traduzione dal castellano e del mio libero adattamento dell’articolo di Vicenç Navarro, professore di Scienze Politiche e Socialidell’Università Pompeu Fabra di Barcellona, apparso oggi sullarivista web “10 Publico”
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GIOVANNI CUTOLO             

martedì 31 ottobre 2017

DISCORSO DI APERTURA DEL VI° CONGRESSO NAZIONALE DEL PARTITO DEL SUD DA PARTE DEL PRESIDENTE NAZIONALE NATALE CUCCURESE.


SUD COME VOLANO DI SVILUPPO PER IL PAESE SUPERANDO DISCRIMINAZIONI E STEREOTIPI


Da anni discutiamo della situazione del Mezzogiorno, sempre più “Sud” d’Europa e della stessa Italia, anch’essa volente o nolente, nella sua interezza, “Sud” del vecchio continente. Antichi e recenti governi hanno portato le regioni del Meridione verso la desertificazione imprenditoriale, economica e la fuga inarrestabile di menti e braccia.
Nel contempo, negli ultimi 30 anni, si è assistito a una crisi politica, culturale, morale ed economica che ha investito il Paese e che ne sta rendendo sempre più incerto il suo cammino democratico.
Le parole magiche “crescita” e “sviluppo”, sbandierate entrambe per forzare la mano ed affrettare qualsiasi decisione, hanno fuorviato l’azione dei Governi e bloccato qualsiasi capacità progettuale, innovativa e sostenibile, conducendo il cittadino in un percorso ad ostacoli che lo ha visto, nella voce dei media, prima venir ridotto al ruolo di consumatore ed ultimamente di contribuente, marcando così sempre più distintamente la sua conversione da cittadino a suddito.
Servono per il sud politiche di sviluppo e di investimento, per creare posti di lavoro e combattere la disoccupazione, considerando che, in modo particolare negli ultimi venticinque anni, guarda caso dalle prime affermazioni elettorali della Lega Nord, la forbice degli investimenti pubblici è andata a divaricarsi sempre più fra nord e sud del Paese , con una spesa costantemente maggiore, di almeno cinque volte, al nord anno su anno.
Senza investimenti pubblici non è possibile rilanciare il Sud. Anche l’attuale governo, purtroppo, sta continuando in una cieca politica di austerità che mette in ginocchio il Paese e il Mezzogiorno in particolare.

Rilanciare le politiche per lo sviluppo del Mezzogiorno per contrastare, fra le altre, le principali attuali emergenze:
- Emigrazione, verso il nord e l’estero. Sono coinvolti in questa emigrazione: gli studenti e i giovani laureati, con perdita per la collettività locale di c.a.540 Mln € anno sostenuti per la formazione; i lavoratori di ogni ambito e categoria; i malati per l’emigrazione sanitaria, che li porta fuori dalla propria Regione per mancanza di strutture e cure adeguate.
- Desertificazione demografica, causa emigrazione giovanile che vede nelle Regioni del Sud la più bassa natalità d’Europa
- Disoccupazione, causa prima dell’emigrazione con 380mila posti di lavoro persi rispetto al 2008 e una disoccupazione giovanile oltre il 50%, con la Calabria, prima in Europa, al 58,7% 
- Record europeo di giovani che non studiano e non cercano più lavoro
- Povertà, 10% della popolazione in povertà assoluta e 40% in povertà relativa
- Discriminazioni, fra i paesi OCSE l’Italia è prima per le discriminazione interne. Al primo posto figurano le discriminazione verso i meridionali
- Inquinamento ambientale, con vere e proprie emergenze ambientali ai danni della popolazione a partire da “La Terra dei Fuochi”, l’inquinamento Ilva di Taranto, la Basilicata con territori ed acque e tante altre emergenze locali che non trovano risposta adeguata al dettato costituzionale
- Sempre minori, contro ogni proclama, gli investimenti dello Stato Centrale al Sud

Lavoreremo per uscire da questa spirale demoniaca delle politiche di pareggio di bilancio ad ogni costo, altrimenti si consegnerà il paese a destre e populisti. L’austerità oltre a danneggiare l’intera Italia, impatta e diverge sempre più i Pil delle regioni del sud da quelle del nord Italia ed Europa.
Ecco perché per risolvere questa situazione serve dare (chiedendo con forza) uno stop a livello europeo alle politiche di austerità, riprendere gli investimenti iniziando da quelli delle infrastrutture del Sud, treni ad alta velocità, strade, porti, aeroporti. Il sud manca di tutto a livello di infrastrutture e senza queste non può sviluppare il turismo, anche culturale, e non può mettere in condizione di competere efficacemente le proprie aziende, agricoltura compresa, sui mercati europei.

La logica governativa resta quella di sempre, relegare il sud ad una grande area di consumo dei prodotti del nord, alquanto riduttivo per un territorio che rappresenta la metà del Paese. Ecco perché, oltre a politiche di investimento e supporto, serve uscire da questa situazione con una applicazione puntale degli articoli della Costituzione, ad eccezione dell’art. 81, quello appunto sul pareggio di bilancio, che frena quindi gli investimenti pubblici e che, modificato nel 2012, che andrebbe riportato all’origine per far ripartire l’economia.
Per evitare l’emigrazione studentesca si potenzi e si favorisca profondamente la collaborazione fra gli Atenei del Sud, tra loro e con le rispettive istituzioni regionali, per dare ai territori risposte concrete, competitive e anche made in Sud. Evitando l'emigrazione obbligata verso gli Atenei del nord. Che la valutazione degli Atenei sia, come in Inghilterra effettuata su base macroregionale e non come avviene in Italia su base nazionale andando a colpire sempre e solo territori che ad oggi non sono in grado di essere valutati partendo da parametri paritetici.

Si potenzi l’impegno verso le startup innovative in tutti i settori anche quelli relativi agli ambiti culturali che hanno fatto ricco il Mezzogiorno. Una strada questa che può dare sbocchi occupazionali importanti.
Che venga garantito il diritto all’assistenza sanitaria, che non si costringano le Regioni a ragionare solo per numero di posti letto, ma per garanzie dei diritti del malato e per il diritto all’assistenza. Questo vuol dire che non è possibile ipotizzare ancora che ci siano aree del Paese dove il rischio di morte sia maggiore solo perché il presidio ospedaliero o di primo soccorso sia troppo distante o stato messo non in grado di prestare le cure migliori.

Che anche servizi privati, ma di utilità sociale e quotidiana, tipo le assicurazioni, i servizi bancari, non penalizzino con tariffe e costi ingiustificati e ingiustificabili ed applicati su base geografica, il diritto dovere dei cittadini di usufruirne.
Combattere con decisione le mafie, le eco-mafie e le mafie economiche che opprimono da sempre cittadini e territori impedendone lo sviluppo in nome e conto di consorterie politiche ed economiche; da sempre il primo nemico del sud.
Combattere con ogni mezzo il caporalato nelle campagne creando sinergie tra Stato Nazionale, forze dell’ordine, enti locali e sconfiggere definitivamente questa piaga.

Il Sud che lo scorso 4 dicembre ha lanciato segnali ben precisi con un voto al 70% nelle sue Regioni per il No contro la modifica costituzionale proposta dal Governo a guida Renzi, “un grido di dolore”, vero e non strumentale, che richiama la richiesta dell’applicazione, finalmente, di tutta la Costituzione. Un voto che le forze progressiste non possono fingere di non vedere o trascurare, serve collaborare per consentire al sud di esprimere la sua potenzialità cominciando dai territori e nell’interesse del comune bene nazionale. 
Puntiamo all’”uguaglianza” che, nella situazione attuale in cui versa il Paese, non significa dare a tutti la stessa cosa e fare ovunque gli stessi investimenti. Uguaglianza significa giustizia ed equità, investire di più su chi ha meno e meno su chi ha di più. In questo visione deve fare da guida il Pil regionale che vede infatti il nostro Mezzogiorno in fondo alla classifica europea insieme a buona parte delle regioni spagnole, greche e portoghesi. Non può essere altrimenti. Dobbiamo costruire una sinistra che aspiri all’uguaglianza, il che significa mettere tutti in condizione di ottenere uguali opportunità. Così come nella tassazione generale serve il principio di progressività come dettato dall’art. 53 della Costituzione. Il sud non va visto come un problema, ma come un’opportunità immensa che si para davanti, sia politicamente per la sinistra, trovando risposta adeguata ai suoi problemi, sia per il Paese per crescere e competere a livello europeo e mondiale. Bisogna solo aiutare quest’area del Paese a liberare le sue energie.
Abbiamo bisogno di una sinistra che non tema un federalismo macroregionale sano e solidale che ambisca a governare con politiche differenziate per territorio. 
Abbiamo bisogno di una sinistra:

-Che sappia far entrare nelle sue corde il meridionalismo progressista nato da Gramsci, perché meridionalismo significa saper essere concreti e saper parlare al cuore delle persone conoscendone i problemi, non per slogan, con azioni concrete, coinvolgendo persone e territori attorno a un progetto di governo alternativo, progressista e dal basso. 
-Che contrasti con determinazione l’osceno ricatto occupazionale che baratta lavoro con la salute e con la tutela dell’ambiente.

-Che non si dimentichi che città, come ad esempio Brindisi e Taranto (le citiamo a titolo d’esempio), hanno pagato un caro prezzo allo sviluppo del Paese e che oggi vanno aiutate bonificando i siti inquinati e bloccando le emissioni nocive.
-Che si impegni affinché lo Stato ed il privato, in base alle loro effettive responsabilità, si facciano carico degli scempi perpetrati per decenni e risarciscano i cittadini che hanno perso il lavoro, la salute e spesso la speranza. Spezzare il ricatto occupazionale, la monocultura dell’acciaio, del carbone e dei veleni delle grandi industrie, puntando su alternative occupazionali pulite quali Cultura, Infrastrutture, Turismo, Agricoltura, Maricoltura, Artigianato, Allevamento. Opporsi pertanto a progetti inquinanti, o con relativo pericolo di inquinamento, avendo come riferimento principale, rispetto a qualsiasi progetto economico, la tutela dell’ambiente e la salute dei cittadini, così come sancisce la Costituzione.

-Che si batta contro le scellerate politiche della “buona scuola”e l’alternanza scuola-lavoro che così come strutturata è solo mero sfruttamento minorile
-Che riformi le politiche sul welfare partendo da salute, diritti dei lavoratori con l’abolizione del Jobs Act, il ripristino dell’art. 18 e l’abolizione della riforma Fornero.
- Che contrasti il neoliberismo imperante, con politiche volte all’affermazioni di tutti i diritti e la redistribuzione della ricchezza

Siamo convinti che il sud Italia e il sud Europa possano dare un loro contributo a una rinascita civile, sociale ed economica partendo proprio da quella visione di sviluppo e crescita legata non tanto a modelli finanziari e speculativi quanto a modelli legati alla valorizzazione delle terre, dei popoli, delle persone, della capacità aperta, accogliente e tutta mediterranea di gestire le relazioni. Vogliamo insieme erigere, su solide fondamenta, una rinascita identitaria, lenta e inarrestabile, che, basandosi su antichi e non dimenticati valori, possa permettere di rivoluzionare in modo democratico questo paese nella sua interezza.
Una rinascita che, partendo da sud, abbia respiro nazionale ed internazionale, riportando l’intero Paese a quel ruolo di faro della cultura, dell’economia, e delle coscienze nel Mediterraneo e in Europa. Vogliamo ripartire dagli antichi valori della tradizione democratica e repubblicana per ridare slancio a una Carta Costituzionale, la nostra, mai applicata fino in fondo in tutte le aree di un Paese e che, di contro, vede, nei fatti, una classificazione dei suoi cittadini per censo, condizione sociale, provenienza geografica, colore della pelle, affettività, marcandone così sempre più distintamente le diversità. 
Vogliamo, insieme a tutti coloro che lo vorranno, concorrere a costruire una prassi politica aperta e partecipata, portando, dal basso, nelle istituzioni le esperienze nate nel volontariato, nella società civile, nel precariato, nei movimenti, nei luoghi di lavoro, nelle scuole.

L’uguaglianza fortemente voluta dai padri costituenti come pilastri a sostegno della Repubblica nata dalla Resistenza, non solo prevedeva e prevede un intervento dello Stato uguale per tutti i cittadini (peraltro fin qui poco o per nulla attuato), ma anche una giustizia sociale che impone il supporto e l’aiuto per chi ha bisogno. Non avremmo avuto situazioni abominevoli come l’Ilva di Taranto, dove i cittadini devono scegliere tra lavoro o salute, o come la “Terra dei Fuochi”, dove gli interessi di un capitalismo italiano (e non solo) becero e senza scrupoli, quasi sempre colluso con mafie e consorterie, predominino sul diritto alla salute di popolazioni avvilite da un’emergenza sanitaria unica al mondo.
La Costituzione della Repubblica Italiana dice al suo primo articolo che “L’Italia è una Repubblica fondata sul Lavoro… ” e nell’articolo 32 dice: “… La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività…” non si può ignorare – che riconoscendo nel lavoro il fondamento della Repubblica la Costituzione pone un limite alla proprietà, sottoposta al vincolo della «funzione sociale» e della «utilità generale». Senza di che non avrebbe senso l’affermazione secondo cui «la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo tale diritto» (Art. 4).

Nella nostra Costituzione è il lavoro, e non il capitale, il fondamento che tiene insieme i principi di libertà e di uguaglianza ridisegnando in termini moderni i diritti che ne derivano. 
La conseguenza è che se si sta dalla parte del capitale, i diritti di libertà e di uguaglianza si indeboliscono e vengono attaccati o distrutti. È precisamente questa la fase che stiamo vivendo. Dove è finito il diritto «a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro» sufficiente ad assicurare «una esistenza libera e dignitosa», insieme al diritto al riposo settimanale e alle ferie retribuite? (Art.36). E il diritto alla parità di retribuzione per pari lavoro tra uomini e donne? (Art. 37). E quello alla pensione e all’assistenza sociale? (Art. 38). In discussione è anche il diritto per «i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi» «di raggiungere i gradi più alti degli studi» (Art. 34), lo sviluppo della cultura e della ricerca, nonché la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico (Art. 9). Ecco perché chiediamo per il Sud e per tutto il Paese semplicemente l’applicazione della Costituzione, senza se e senza ma. Secondo la nostra Costituzione, l’Italia è una Repubblica unita ed indivisibile i cui cittadini possono e devono accedere a tutti i diritti e sono obbligati ad adempiere a tutti i doveri. Ecco è a questa parità a cui aspiriamo; parità non formale, ma di sostanza, suffragata da politiche in grado di rendere concreti quelli che sono principi sacrosanti e inconfutabili.

Il Sud è in grado di contribuire alla crescita e al rilancio di questo Paese e già lo sta facendo con le sue risorse, i suoi uomini migliori, i servitori di uno Stato (pensiamo solo a Falcone e Borsellino, ma non solo a loro) che da sempre hanno donato anche la vita affinché i diritti e le libertà di tutti fossero garantiti.
Pensiamo che i ragazzi e le ragazze del Sud abbiano il sacrosanto diritto di poter studiare e lavorare nella loro terra e di prevedere in essa un futuro per sé e per i propri figli. Immaginiamo che, per i nostri ragazzi, la possibilità di partire per studiare, lavorare e formarsi una famiglia fuori dal proprio contesto d’origine, debba essere una scelta e non un obbligo.

Il diritto di intraprendere a pari condizioni con il resto del paese, anche nei servizi e nelle infrastrutture. Pensiamo a: reti informatiche e telematiche a larga banda, strade, ferrovie, aeroporti e porti. Pensiamo a infrastrutture che non vengano solo realizzate per direttrici nord-sud, ma per reti e snodi anche in territori limitrofi. Ancora oggi tra regioni del sud è impossibile effettuare scambi commerciali e mettere su filiere produttive per mancanza di adeguate infrastrutture sulle quali far passare in tempi brevi le merci. 
Abbiamo bisogno di lavorare a nuove forme di economia che partano dalla bellezza della natura, delle opere d’arte e delle vestigia di un glorioso e ricco passato, dalla ricchezza delle sue tradizioni, dalla capacità di utilizzare la terra in modo innovativo, dall’utilizzo intelligente e innovativo delle nuove tecnologie e della ricerca, dalla valorizzazione delle nostre istituzioni universitarie di antichissima e illustre tradizione, dalle nostre città che sono state crocevia, nella storia, di popoli e culture fin dalla notte dei tempi.
Abbiamo bisogno di restituire al Sud la sua capacità produttiva, ma anche la sua capacità impositiva nella sua ritrovata autonomia non consentendo “l’emigrazione delle sedi sociali” delle grandi multinazionali che continuano a produrre ed inquinare a sud e a versare tasse e contributi al nord. Abbiamo bisogno di investire in settori strategici e in infrastrutture altrettanto strategiche.

Abbiamo bisogno di un modello di economia rispettoso dell’ambiente ed alternativo all’attuale, fondato su di un uso collettivo della terra. Abbiamo bisogno di non consumare più e distruggere, ma preservare, valorizzare per far conoscere.
Siamo per dare in adozione e far fruttare i terreni e gli stabili abbandonati, così come quelli confiscati alle mafie. Abbiamo bisogno di dare valore alle biodiversità e alle antiche arti e mestieri.
Abbiamo bisogno di rendere fruibili alla collettività le risorse dei territori, di proteggere le specificità, le produzioni.
Pensiamo a un modello di economia sociale che punti al bene comune e preveda una più stretta collaborazione fra istituzioni cittadine e privati.

Ci vogliamo battere, in primo luogo, per riappropriarci di quella democrazia oggi spesso commissariata, da governi e parlamentari eletti con legge incostituzionale, da istituzioni finanziarie sovranazionali che poco hanno di democratico e che privano ogni giorno di più i cittadini di opportunità di sviluppo e di spazi di libertà, lasciando in luogo della democrazia partecipata solo vuoti simulacri.
È giunta l’ora di mettersi in movimento per riconquistare una nuova centralità nella vita del Paese. Su queste basi vogliamo predisporre un cammino comune che preveda la partecipazione di tutti quei liberi cittadini stanchi di subire e chinare la testa!
Unire le tante voci di resistenza democratica e antifascista sinergiche negli obbiettivi, nelle strategie e condivisione dei valori per modificare lo status quo, non in modo velleitario ma fornendo soluzioni percorribili, è un’esigenza e diventa una missione del nostro Partito. Pensiamo che l’indifferenza non paghi ed anzi lasci il campo ai peggiori istinti di uomini e partiti che stanno riducendo a brandelli gli ultimi spazi democratici del paese.
Non possiamo stare alla finestra per vedere come va a finire: bisogna tornare ad essere Partigiani, ad essere cittadini attivi! ! Opporsi insieme alle logiche che hanno portato all’approvazione dell’ennesima legge elettorale che tende a perpetuare come inamovibili uomini e potentati, per imporli ai cittadini in sfregio a decenza e dettato costituzionale.

Vogliamo liberare il Paese dall'egoismo, dal malaffare e dal compromesso, dalla mala politica, dalle mafie, apriamo le porte dei palazzi del potere ai tanti italiani onesti che vogliono progettare con noi un futuro diverso per il Paese Il motto più bello della scuola di Barbiana di Don Lorenzo Milani era: "Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è la politica, sortirne da soli è l'avarizia". Questa frase lancia un messaggio esplicito di impegno politico; solo unendo le varie voci dei senza potere, alternative all'attuale sistema, possiamo cambiare il nostro destino ed il nostro Paese partendo da sud, per prendere parte a quella rivoluzione meridionale permanente, pacifica e democratica, che sola può cambiare il destino del Sud, dell’Italia e dell’Europa.
Natale Cuccurese
Presidente Nazionale Partito del Sud

[Dichiarazione di programma approvato all'unanimità dal VI° Congresso Nazionale del Partito del Sud - Napoli 28 Ottobre 2017]

martedì 24 ottobre 2017

A Napoli, sabato 28 ottobre, il VI° Congresso Nazionale del Partito del Sud, ospiti e partecipanti






COMUNICATO STAMPA


Si svolgerà il prossimo 28 ottobre, a partire dalle 9,30, presso l’Hotel Alabardieri a Napoli in via Alabardieri, il VI° Congresso Nazionale del Partito del Sud – Meridionalisti Progressisti.

Il Congresso che si aprirà nella mattina con le relazioni di Natale Cuccurese, Presidente Nazionale e di Andrea Balia e Michele Dell’Edera, Vice Presidenti, prevede nel corso della mattinata la partecipazione di importanti personalità del mondo istituzionale, politico e associativo quali:

- Luigi De Magistris  (Sindaco di Napoli) 

- Giuseppe Aragno (Storico) 

- Francesco Emilio Borrelli (Consigliere Regionale Campania - Verdi) 

- Ciro Borriello (Assessore allo Sport Comune di Napoli – Sinistra Italiana) 

- Maurizio Criscitelli (Comitato ioLotto) 

- Nino Daniele (Assessore alla Cultura – Comune di Napoli) 

- Peppe De Cristofaro (Senatore – Sinistra Italiana) 

- Claudio de Magistris (Segretario nazionale “demA”) 

- Andrea Del Monaco (Esperto fondi comuni europei) 

- Rino Malinconico (Segretario Regionale Campania Rifondazione Comunista) 

- Argyirios Argiris Panagopoulos (Giornalista, Dipartimento politica Europea Syriza) 

- Antonio Russo (Presidenza nazionale ACLI – Resp. Politiche Sociali e Welfare

- Daniela Villani (Delegata Mare – Comune di Napoli) 

 “Abbiamo pensato al Congresso come un luogo e un’occasione utile per aprire un dibattito, raccogliere e offrire idee, proposte e contributi – dichiara Natale Cuccurese, Presidente Nazionale Partito del Sud, che aggiunge – parleremo di sud, ambiente, economia, lavoro, coordinamento tra regioni e macroregione, salute, università, infrastrutture, trasporti, welfare, rilancio del Paese partendo proprio da Sud.
Mediterraneo come opportunità, Europa dei popoli come nuova visione di essere europei, a tal proposito avremo l’interessante partecipazione di Argyirios Argiris Panagopoulos, giornalista del Dipartimento politica Europea Syriza.
Per parlarci di legalità, difesa dell’ambiente, lotta al malaffare, impegno sociale con la presenza di Maurizio Criscitelli del Comitato IoLotto di Bologna da tempo impegnato in alta Italia fra denuncia del problema della “Terra dei Fuochi”ed esperienze di aggregazione anche culturale.
Per parlarci di economia e forme di sviluppo e proposta, in concomitanza con l'uscita del suo ultimo libro, avremo l’esperto di fondi UE Andrea del Monaco. 
Per l’impegno civile e sociale avremo lo storico Giuseppe Aragno e Antonio Russo della dirigenza nazionale delle Acli.

La presenza come ospiti di tanti altri rappresentanti della società civile e di personalità del mondo politico della sinistra, posizione in cui ci collochiamo da sempre anche noi meridionalisti progressisti gramsciani, fra le quali il Sindaco di Napoli Luigi de Magistris ed il Senatore di SI Peppe De Cristofaro, rende merito al certosino lavoro di costruzione di rapporti politici e personali portato avanti con acume dal nostro Partito negli ultimi anni.

A tal proposito significativa la presenza di Assessori e Delegati della giunta di Napoli, dello stesso Claudio de Magistris Segretario nazionale di demA , del Consigliere regionale campano Francesco Emilio Borrelli e di Rino MalinconicoSegretario regionale campano di Rifondazione Comunista, tutte presenze che fanno capire come la mattinata congressuale sia stata intesa come uno strumento di confronto tra quanti hanno a cuore le sorti del nostro Paese e del Sud, visto da una ottica meridionalista e progressista.
Per capire la nuova geografia del potere, le disgregazioni, le menzogne, le nuove colonizzazioni, gli sfruttamenti da fronteggiare e le nuove speranze, i sogni e i bisogni da organizzare.
Occorre mobilitarsi per battere antiche e nuove umiliazioni, i saccheggi e la fine del lavoro, le miserie della precarietà che si profilano all’orizzonte, al fine di dare finalmente voce politica alla necessità, ormai ineludibile, di trovare soluzione alle tante problematiche che attanagliano da troppo tempo il Sud.
Unire le tante voci di resistenza democratica per modificare lo status quo, non in modo velleitario ma fornendo soluzioni percorribili, è la missione del nostro Partito. Ecco perché il sottotitolo a questo Congresso è proprio come il titolo del libro che abbiamo dato alle stampe poco più di un anno fa come Partito del Sud: Con il Sud si Riparte!”

La sessione mattutina con ingresso libero inizierà alle 9,30 e terminerà alle 13,30. I lavori Congressuali riprenderanno dalle 15 con la sessione dei lavori riservata ai soli tesserati