mercoledì 29 novembre 2017

Intervento a Roma di Enzo Riccio


Intervento di Enzo Riccio all'assemblea a Roma #accettolasfida #poterealpopolo del 28/11/2017

Intervento di Enzo Riccio del Partito del Sud all'assemblea territoriale di Roma il 28/11 dei movimenti e associazioni che hanno riposto positivamente alla sfida lanciata dai compagni di Napoli di Ex Opg - Je so' pazzo #accettolasfida#poterealpopolo ...






venerdì 24 novembre 2017

"Frattaglie"...nuova rubrica di Giovanni Cutolo


F R A T T A G L I E



di Giovanni Cutolo

1. La caratteristica davvero unica del linguaggio umano non risiede nella capacità di trasmettere informazioni su cose reali, come alberi, fiumi, uomini o leoni. Risiede piuttosto nella capacità di trasmettere informazioni su cose che non esistono affatto. Su intere categorie di cose che non abbiamo mai visto, toccato od odorato. Fu così che leggende, miti, dèi e religioni comparvero, grazie alla cosiddetta Rivoluzione cognitiva.

(Yuval Noah Harari, Sapiens-Da animali a dèi, Bompiani, pag. 36)

2. Nell’universo originario non esistono dèi, non esistono nazioni, né denaro né diritti umani né leggi, e non esiste alcuna giustizia. Tutte queste cose esistono solo nell’immaginazione comune degli esseri umani. Dall’inizio della Rivoluzione cognitiva Homo sapiens ha in effetti vissuto una realtà duale: da un lato la realtà oggettiva di fiumi, alberi e leoni; dall’altra, la realtà immaginata di dèi, nazioni e società per azioni. Col passare del tempo la realtà immaginata è diventata via via sempre più potente, di modo che oggi la sopravvivenza di fiumi, alberi e leoni dipende dalla benevolenza di entità quali dèi, nazioni e società per azioni.

(Yuval Noah Harari, Sapiens-Da animali a dèi, Bompiani, pagg. 41, 46, 47)

giovedì 23 novembre 2017

Il Partito del Sud è contro le pensioni legate all'aspettativa di vita


di Bruno Pappalardo

Il PARTITO DEL SUD, nel suo VI Congresso svoltosi a Napoli il 28.Ottobre 2017, ribadiva, attraverso la lucida relazione del Presidente Natale Cuccurese, un punto precipuo del programma politico del Partito: APPLICARE LA COSTITUZIONE ITALIANA COSÌ COM’È!...APPLICARLA SEMPRE!

Ovvio, i tempi cambiano, mutano problematiche e comportamenti della popolazione che reclamano un naturale adeguamento ad essi, ma, pur tuttavia, i principi espressi nella nostra Carta Costituzionale restano incredibilmente nuovi, necessari per additare sempre la giusta via a ciascuno di noi e come dinamizzare l’organizzazione della  società.  Sono erme, stele granitiche, sono valori di  ogni uomo in maniera assoluta.

Se i governi della Repubblica Italiana avessero svolto questo compito, ebbene, molti dei problemi che oggi soffocano l’Italia, sia sotto l’aspetto della crescita economica che quella degli equilibri sociali, di assistenza, sanità e tutela dei diritti, - in particolare il Sud - non sarebbero mai nati o, perlomeno, sarebbero stati risolti se fossero stati veramente fedeli ad Essa.
Per i seguenti articoli della Carta costituzionale:
Art.4; TITOLO III, gli artt. 35; 36; 37 e  38 e altri che seguiranno in successive comunicazioni per esplicitarne i motivi.
L’aspettativa di vita è diversa in Italia tra Regione e Regioni. La Regione Lombardia detiene il primato di 85,4 mentre in Campania il 78,4. Si crea un’evidente sperequazione socio-economica contraddicente il dettato costituzionale. Si rende illegittima altresì disonesta rispetto a tutti i cittadini italiani;

Erogano il servizio previdenziale l’INPS e l’INAIL. L’istituto Naz. Prev.za Soc.le si occupa di pensioni, di invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria (integrazione guadagni) Malattia. L’INAIL si occupa di Infortuni su lavoro e malattie professionali. Tutte sono coperte da assicurazioni obbligatorie per le quali il datore versa in contributi, mentre il lavoratore ha delle trattenute sullo stipendio.
Risulta veramente strano come i due istituti di Previdenza possano essere eternamente in perdita di bilancio. Nessuno ci crede!
Avanti così finirà il diritto al lavoro e all’assistenza sanitaria previsto dalla Costituzione, ( art.2); Si ridurrà il Pil e i consumi. Il paese si impoverirà e senza giovani ( che andranno via) cadranno diritti e istituzioni sociali per i cittadini.
IL PARTITO DEL SUD RIFIUTA IL CONCETTO CHE LEGA LE PENSIONI ALLE ASPETTATIVE DI VITA DEGLI ITALIANI! 

Il Welfare deve essere rivisto e con estrema urgenza prima che si compia ancora un'altra Strage di Stato

Bruno Pappalardo

lunedì 20 novembre 2017

"Città vs Stati" di Giovanni Cutolo


Una riflessione a corollario sulle vicende catalane di Giovanni Cutolo membro del CDN del Partito del Sud e Resp.le PdelSUD Spagna.

CITTA’ vs STATI

Nel mediterraneo è nata la civiltà. La civiltà è nata nelle città. E le città sono nate molto prima degli Stati nazionali, che in effetti sono un’invenzione relativamente recente. Difatti in Europa la maggior parte degli Stati nascono nell’ottocento per ripartirsi i resti dell’Impero Romano d’Occidente, oramai ridotto a Impero Austro-Ungarico, all’interno del quale si ritrovavano l’Italia, l’Ungheria, la Romania, la Bulgaria, la Croazia, la Serbia, l’Albania e altro ancora. 
La storia però ci insegna che Firenze, Venezia, Napoli e Roma esistevano già molto prima dell’Italia politica; così come Atene è nata prima della Grecia e Barcellona prima della Spagna.

Dovremmo forse guardare meno all’Europa e rivolgerci di più verso il Mediterraneo. Bisognerebbe forse rottamare lo Stato-Nazione a favore delle Città-Stato. Oggi oltre il 50% della popolazione mondiale vive nelle città e si stima che nel 2030 questa percentuale arriverà al 70%. Le città del futuro, le smart-city, potrebbero forse servire meglio ai cittadini di quanto non servano la più parte delle nazioni, oramai divenute dei mostri organizzati per presiedere fondamentalmente al prelievo fiscale. (Peter Sloterdijk, La mano che prende, la mano che dà, Raffaello Cortina, 2012.)
Negli ultimi anni ho molto viaggiato in auto tra Barcelona, Nizza e Milano. Partendo da Barcelona si attraversano duecento kilometri circa di Catalogna per passare, attraverso una frontiera oramai invisibile, nella Catalogna francese; ancora poco più di cento kilometri e si arriva nella Languedoc (la lingua d’Oc, quella di tutti questi territori, diversa da quella di Huil, la lingua delle nazioni); si attraversano poi la Provenza e la Liguria per arrivare nella Lombardia e infine a Milano.
Lungo tutto questo tragitto di circa mille kilometri, questo largo territorio presenta innumerevoli affinità che uniscono - paesaggio, cucina, fisionomie, abitudini, costumi, musica e lingua – tutte cose che la storia ufficiale ha tentato di cancellare mediante l’omologazione nazionalistica. 
L’intero viaggio si svolge all’interno di uno spazio ad alta omogeneità, che ha resistito alla politica delle nazioni, adattandosi ma rimanendo nel fondo fedele a se stesso.

In tutto il Sud della Francia si parla la lingua d’Oc che è assai simile al catalano e che si ritrova a Nizza, in Liguria e ancora in alcune valli del Piemonte; la bandiera catalana a strisce gialle e rosse si ritrova costantemente fino a Nizza e in alcune località liguri; la cucina è molto simile per ingredienti e ricette. Alle spalle di Nizza, fondata dal barcellonese Conte Berenguer, si trova Barcelonnette che ricorda la Catalogna nel suo stesso nome e nei colori della sua bandiera; colori che si ritrovano negli stemmi di numerose altre località della Languedoc, della Provenza e della Liguria.
Insomma l’impressione che si ricava attraversando questi territori è che, pur cambiando tre volte di “Stato” –Spagna, Francia e ltalia – si rimanga sempre nella stessa “Regione”. E soprattutto che l’omogeneità di questa sia di gran lunga maggiore dell’omogeneità di quello. E ciò a dispetto del fatto che, politicamente e giuridicamente, la realtà degli Stati nazionali abbia sostituito, da oramai molti secoli, le originarie realtà costituite da Città e Regioni.
Giovanni Cutolo

venerdì 17 novembre 2017

COMUNICATO


C O M U N I C A T O


Mercoledi 15/11/2017 c/o gli Uffici del Parlamento a Roma Conferenza stampa Partito del Sud e Sinistra Italiana. Sottoscritto Patto di collaborazione, amicizia ed unità d'intenti per far sì che le proposte,richieste,contributi,anche istituzionali, del meridionalismo progressista abbiano la giusta attenzione,attraverso la Sinistra,alle esigenze e ai problemi del Sud. Partito del Sud rappresentato dal Presidente Nazionale Natale Cuccurese,dal Vice presidente Andrea Balìa, e da Enzo Riccio,Bruno Pappalardo e Giuseppe Lipari del CDN del partito. Sinistra Italiana rappresentata dal Segretario Nazionale Nicola Fratoianni e dal Senatore Peppe De Cristofaro.



giovedì 9 novembre 2017

Nuovo Organigramma 2017 del Partito del Sud





Come da ultimo VI Congresso Nazionale del Partito del Sud,tenutosi a Napoli il 28/10/2017 u.s. ecco l'organigramma deliberato e votato del partito.

Complimenti a tutti!


PRESIDENZA NAZIONALE (SEGRETARIO POLITICO NAZIONALE)

Natale Cuccurese


VICE PRESIDENZA NAZIONALE

Andrea Balia, Michele Dell'Edera


PRESIDENZA ONORARIA

Antonio Ciano


SEGRETERIA ORGANIZZATIVA NAZIONALE

Enzo Riccio


CONSIGLIO DIRETTIVO NAZIONALE

Andrea Balia, Natale Cuccurese, Giovanni Cutolo, Enzo Riccio, Antonio Ciano, Rosanna Gadaleta, Michele Dell'Edera, Emiddio de Franciscis di Casanova, Giuseppe Spadafora, Pino Lipari, Bruno Pappalardo, Michele Ammendola, Maurizio Criscitelli, Filippo Romeo, Antonio Rosato, Iolanda Siracusano, Ezio Spina, Giovanni Maniscalco


TESORIERE

Filippo Romeo


COMITATO GARANTI

Emiddio de Franciscis di Casanova, Pino Lipari, Antonio Rosato.

RESPONSABILI AREE TEMATICHE E PROGETTUALITA’

Michele Ammendola………………................Rapporti con le Associazioni
Anna Maria Buffa..........................................Dipartimento Donne
Gigi Cappabianca……………………………..Ambiente
Roberto Carucci............................................Mobilità
Maurizio Criscitelli…………………................Sport
Natale Cuccurese………………....................Lavoro ed Economia
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Giovanni Cutolo e Andrea Balia…….............Cultura e Turismo

Michele Dell’Edera………………...................Comunicazione
Vincenzo Emilio.............................................Legalità
Bruno Pappalardo e Salvatore Cozzolino…..Patrimonio Artistico e Architettonico
Valentino Romano.........................................Ricerca Storica
Filippo Romeo…………………......................Tesoreria e Amministrazione
Antonio Rosato e Guglielmo Di Grezia……...Difesa e Sicurezza
Iolanda Siracusano........................................Ufficio Stampa
Ezio Spina………………………………...........Politiche Diverse Abilità

Il vero problema




di Andrea Balìa

Diritti che se ne vanno a far benedire…vedi il Jobs Act e l’abolizione dell’articolo 18, e ora questo tran tran sulle pensioni che dovrebbero scattare a 67 anni anche per le donne.
Poi fai un po’ di ricerca e scopri che entrambi i sessi in Svezia vanno a 61, che in Austria le donne a 60, e che anche in Croazia, assieme ad altri paesi, stanno messi meglio di noi. Ma allora vorresti il meglio? La considerazione è anche lecita…no..ma in Germania il tetto è a 64,5…insomma siamo il fanalino di coda del peggio. Si, ma la vita s’allunga..altra teoria a sostegno della modifica. Risposta : ma s’allunga solo in Italia? E sempre a sostegno di questa modifica peggiorativa c’è la giustificazione che non si possono sforare i conteggi e le finanze destinate in merito. E qua casca l’asino…il vero problema è la REDISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA! 
Vero vulnus d’eguaglianza che anche la Sinistra fa fatica a mettere a centro delle sue teorie, proposte e richieste. I soldi vanno presi dove sono male o eccessivamente allocati. Punto! Identico problema per le esigenze del Sud. Parolina che deve diventare il vero mantra della Sinistra, in ispecie del nascente (a fatica) Quarto Polo. Bisogna entrare nel merito delle esigenze vere e nei ritardi in cui è costretto il Meridione. Infrastrutture, povertà vera, fuga dei giovani con conseguente desertificazione,ecc…ecc..Vanno anche bene le giornate e le lapidi della memoria d’un sudismo nostalgico, sponsorizzato strumentalmente da un populismo pentastellato, ma il problema reale è altresì : ”la memoria e presa d’atto del presente”, e proporre, battersi e risolvere. 
Gramsci insegna e la Sinistra ha il maestro in casa, come giustamente sostiene e cerca di sensibilizzare un sano meridionalismo progressista. Quindi coraggio! Si crei e si porti avanti un’organizzazione politica che abbia al centro delle sue battaglie e proposte il concetto (quello vero) d’uguaglianza,che contiene i diritti dei lavoratori,un’equa età pensionabile e il Sud.

Andrea Balìa

sabato 4 novembre 2017

CATALUNYA 2 - di Giovanni Cutolo




CATALUNYA 2.

La crescita dell’indipendentismo in Catalunya è dovuta al nazionalismo uninazionale dello Stato borbonico spagnolo e al suo establishment politico-mediatico

Il fatto che la destra, così come anche molta sinistra spagnola,attribuisca la responsabilità di questa crescita alla politica informativa ed educativa del Governo catalano, si spiega con il desiderio di negare qualsiasi responsabilità dello Stato spagnolo, che invece è la causa prima del desiderio di larghe fasce della popolazione catalana di separarsi dalla Spagna. La causa della crescita dell’indipendentismo non ha la sua sede in Catalunyabensì nelle scelte politiche dello Stato centrale basato a Madrid, capitale del Regno e centro del nazionalismo spagnolista, che è la prima e più importante causadi questa crescita. Per capire quello che succede in Catalunya è necessario conoscere il passato occulto, volutamente dimenticato dalla storiografia ufficiale del paese,e il presente, artatamente manipolato dall’establishment politico-mediatico. Il nazionalismo uninazionale, la cui massima espressione fu la dittatura franchista durata quasi quarant’anni (1936-1975), è ancora ben presente nella democrazia attuale. Si tratta di una cultura che è rimasta all’interno del nuovo Stato democratico in conseguenza del fatto che la sin troppo celebrata Transizione dalla dittatura alla democrazia (1975-1978), non comportò una reale rottura con lo Stato anteriore, bensì un’apertura voluta soltanto al fine di incorporare elementi di democrazia utili a consentire l’ingresso della Spagna nell’Unione Europea. Elementi di democrazia assolutamente insufficienti per poter effettivamente omologare la democrazia esistente in Spagna all’interno della maggioranza dei paesi della comunità politico-amministrativa europea.

Il nazionalismo uninazionale spagnolista che pretende non essere definito come nazionalismo

Lo Stato spagnolo è sempre stato lo strumento primo di questo nazionalismo spagnolista, propugnato dalla Monarchia borbonica.  Questa visione uninazionale è presente in maniera dominante nell’intellighentzia spagnola. Ed è una visione così poderosa e così generalizzata che nemmeno gli stessi attori/autori che ne sono interpreti si rendono conto di esserne asserviti. E’ tipico di qualunque discorso discriminatorio che chi lo propugna non si renda conto di farlo. Sicché, per esempio, in una cultura machista le espressioni machiste utilizzate nel linguaggio non vengono riconosciute come tali da coloro stessi che le utilizzano, i quali non ne sono nemmeno coscienti. Certi termini sono così radicati nel linguaggio e nella maniera di pensare dominante che finiscono per non essere più percepiti come ideologici; vengono invece considerati come facenti parte di un linguaggio ragionevole e/o logico. E’ quello che succede con il nazionalismo spagnolista che non ritiene di essere un nazionalismo. Talché il termine “nazionalismo” viene utilizzatosoltanto per definire i nazionalismi “periferici”, come il catalano, il basco o il galiziano. Oggi in Spagna assistiamo al paradosso di vedere Vargas Llosa e altri intellettuali sostenere che i nazionalismi sono negativi, però definendo così solo quelli periferici, senza riconoscere di essere essi stessi profondamente nazionalisti dal momento che pretendono imporre il loro nazionalismo, un nazionalismo uninazionale e centralizzatore, a tutti gli altri.
Questo nazionalismo uninazionale fu imposto a sangue e fuoco in Catalunya nel 1714 e poi durante la Guerra Civile (1936-1939). Non si vuole riconoscere che, per esempio, la lingua catalana fu sempre proibita dagli occupanti dellaCatalunya essendo consentito parlare soltanto “la lengua del imperio”, come si definiva il “castellano”, che noi italiani chiamiamo spagnolo. Il fascismo, massima espressione del nazionalismo spagnolista, comportò non solo l’oppressione di una classe sociale ma di una nazione intera. Questo fatto non lo si vuole ammettere e tantomeno riconoscere, preferendo dimenticare deliberatamente l’enorme brutalità che arrivò a sorprendere persino alcuni dirigenti del nazismo tedesco e del fascismo italiano, in visita a Barcellona durante l’occupazione franchista, susseguente alla Guerra Civile. I golpisti franchisti, che interruppero con le armi il sistema democratico repubblicano, governarono esercitando deliberatamente il terrore, ben coscienti del fatto che la grande maggioranza della popolazione era contro di loro.  In Catalunya massimamente, ma anche nel resto del paese.


L’imposizione del nazionalismo uninazionale spagnolista
In Catalunya, sia pure con risultati scadenti,si è condotto sistematicamente e per un tempo assai lungo un genocidio culturale, un fatto questo cheil nazionalismo spagnolista ha voluto e ancora vuoledisconoscere, ignorare e occultare.La repressione brutale e la politica del terrore contro la maggioranza espressa dalle classi popolari, volute e condotte dalle oligarchie e dalla éliteancora oggi al potere, si applicarono all’intera Spagna, con un particolare accanimento nei confronti della Catalunya e della sua cultura. La sinistra catalana ha sempre sostenuto che la lotta per l’emancipazione delle classi popolari e della nazione catalana è una sola e unica lotta.In Spagnala grande influenza del nazionalismo spagnolista ha sempre giudicato come secessionismo qualsiasi difesa dell’identità catalana e della plurinazionalità del paese. La marginalizzazione di Pasqual Maragall, presidente socialista della Generalitat de Catalunya e già sindaco della Barcellona dei Giochi Olimpici del 1992, voluta dal PSOE (Partito Socialista Operaio Spagnolo)del presidente Zapatero per contrastare il tentativo di affermazione del diritto della Catalunya a essere nazione, esemplifica assai bene questa influenza. Maragall fu accusato di simpatie secessioniste, ma nella realtà la richiesta catalana di riconoscimento non ha mai celato, né allora né oggi, ambizioni secessioniste. Anche in Spagna come nel resto d’Europa i socialisti cominciavano a dimenticare cosa volesse dire essere socialisti.
Critica al supposto vittimismo della Catalunya

Altra accusa reiterata dell’establishment politico-mediatico spagnolo al nazionalismo catalano è quella di vittimismo, presentando la Catalunya come se soffrisse di un complesso paranoico in quanto vittima della Spagna. Complesso secondo loro infondato dato che la Catalunya avrebbe sempre goduto di un trattamento preferenziale da parte dello Stato spagnolo. Un’analisi obiettiva di quanto avvenne con la Statuto del 2006 (quando alcune delle sue parti essenziali furono annullate dal veto posto dal Tribunale Costituzionale, dando inizio all’impennata dell’indipendentismo) mostra l’infondatezza di questa accusa. Ecco dunque una breve lista delle ingiustizie e delle offese fatte alla Catalunya. Nel 2005 il governo tripartito catalano di sinistra, guidato dal socialista Pasqual Maragall, elaborò uno Statuto che ridefiniva la relazione del governo della Generalitat catalanacon lo Stato spagnolo, Statuto nel quale proponeva, tra altre cose, il riconoscimento della Catalunya come nazione, all’interno di uno Stato spagnolo plurinazionale. Tale Statuto, come già detto, fu approvato dal Parlamento della Catalunya, e poi (con alcune modifiche) dalle Cortes Españolas (il Parlamento di Madrid) e infinedal popolo catalano, consultato con un referendum. Purtroppo però tutto questo processo che rifletteva un accumulo di decisioni prese da diverse Istituzioni, tutte diversamente sovrane,fu completamente ignorato. Elementi importanti di questo Statuto furonomodificati o vietati dal Tribunale Costituzionale, controllato dal PP (Partito Popolare), realizzando quello che è stato definito un vero e proprio colpo di Stato al servizio degli interessi di un unico partito. E, offesa ancor maggiore, furono eliminati dal nuovo Statuto catalano elementi che erano stati approvati negli Statuti di altre Comunità Autonome, come quella dell’Andalusia. Perché dunque accusare di paranoia la Catalunya?Questo atteggiamento si è ripetuto e ha illustrato il comportamento del governo centrale, da allora sino a oggi. Come interpretare la mobilitazione dello scorso settembre, in omaggio alla Guardia Civil responsabile delle oltre mille vittime del 1° di Ottobre se non come un ennesimo atto del nazionalismo spagnolista, dato che Guardia Civil e Polizia nazionale operarono come strumenti al servizio dello Stato spagnolo per imporre la legge di Madrid in Catalunya?L’esagerata enfasi al rispetto della Legge – un altro degli argomenti reiterati ossessivamente dal nazionalismo uninazionale spagnolo, come un monotono mantra - ignora volutamente che la Costituzione del 1978 risale appuntoal periodo della cosiddetta Transizione (1975-1978). Un periodo assai poco equilibrato, durante il quale i franchisti vincitori della Guerra Civil (che controllavano l’apparato dello Stato e la maggior parte dei mezzi di comunicazione) avevano praticamente tutto il potere, mentre i vinti, i Repubblicani, (che avevano vinto le elezioni nel 1936 ottenendooltre il 60% dei seggi nel Parlamento di Madrid) avevano un potere assai scarso, essendo nella maggior parte appena usciti dal carcere o ritornati dall’esilio o riemersi dalla clandestinità. La continua referenza al rispetto della Legge è il messaggiodi quelli che vogliono garantirsi il perpetuare anche oggi dello stesso squilibrio nel confronto fra le forze politiche. Una mera scusa per difendere lo statu quo.
Per quanto poi riguarda l’approvazione della Costituzione da parte di tutta la popolazione spagnola garantirebbe quella legittimità alla quale devono sottostare tutti coloro che si pretendono democratici, occorre segnalare che alla popolazione furono presentate due sole alternative: aprire alla Democrazia, così come riflessa nella Costituzione oppure continuare con la Dittatura. Di fronte a queste due opzioni era ovvia quale fosse la scelta della maggioranza degli spagnoli. Ma altrettanto ovvio rilevare che dovunque – anche in Catalunya dove la maggioranza fu la più alta – prevalse il rigetto alla dittatura piuttosto che l’entusiasmo per quella particolare Costituzione, quella attualmente in vigore, che l’establishment di Madrid difende con le unghie. La risposta al referendum costituzionale fu l’unica possibile per la soluzione di una situazione altrimenti oramai intollerabile.

Per quei catalani che si sentono anche spagnoli, è oggi assai difficile optare per qualcosa che non sia il secessionismo, dato che l’immagine che rinvia la Spagna alla Catalunya è molto poco seducente. Va guardato con speranza e considerato positivamente la comparsa su tutto il territorio spagnolo di nuove forze progressiste che difendono una visione plurinazionale. Esse sole potranno salvare la Spagna, perché la repressione e la costante ottusa offesa alla Catalunya da parte dello Stato spagnolo hanno oramai quasi raggiunto l’obiettivo desiderato dall’indipendentismo. L’ostilità crescente di larghe fasce della società catalana nei confronti dello Stato spagnolo e della Spagna è un fatto oramai acquisito. Oggi più che mai occorre credere che un’altra Spagna sia possibile, una Spagna plurinazionale e repubblicana, della quale la nuova Catalunya possa fare parte. Il troppo lungo protrarsi del dominio dello Stato borbonico ha purtroppo oramai aperto le porte a un secessionismo di pancia, condiviso da una grande parte dei catalani, popolari e/o borghesi.
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Questo scritto è il risultato della mia traduzione dal castellano e del mio libero adattamento dell’articolo di Vicenç Navarro, professore di Scienze Politiche e Socialidell’Università Pompeu Fabra di Barcellona, apparso oggi sullarivista web “10 Publico”
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GIOVANNI CUTOLO