F R A T T A G L I E
numero 6
14. Uno degli esempi più interessanti della
globalizzazione è quello della cosiddetta “cucina etnica”.
In un ristorante italiano ci aspettiamo di trovare
spaghetti con salsa di pomodoro; in ristoranti polacchi o irlandesi, tante
patate; in un ristorante argentino, di poter scegliere tra dozzine di tipi di
bistecche di manzo; in un ristorante indiano, il peperoncino incorporato in
qualsiasi altra combinazione di spezie; e in ogni bar svizzero la specialità è
una tazza di densa cioccolata calda sormontata da abbondante panna montata. Ma
in realtà nessuno di questi alimenti è nato nei paesi citati. I pomodori, i
peperoncini rossi e il cacao sono tutti di origine messicana; sono arrivati in
Europa e in Asia solo dopo che gli spagnoli hanno conquistato il Messico.
Giulio Cesare e Dante Alighieri non hanno mai arrotolato degli spaghetti con le
loro forchette (le forchette peraltro non c’erano ancora); Guglielmo Tell non
ha mai assaggiato la cioccolata; e Buddha non ha mai esaltato il gusto del
proprio cibo con dei peperoncini. Le patate sono arrivate in Polonia e in
Irlanda non più di quattrocento anni fa. L’unica bistecca che si poteva
ottenere in Argentina nel 1492 era di carne di lama.
Yuval Noah Harari, Sapiens-Da animali a dèi, Bompiani,
pag. 215
15. Un famoso aneddoto racconta di un ambizioso indiano
che padroneggiava tutte le finezze della lingua inglese, prendeva lezioni di
ballo secondo il modo occidentale e si era anche abituato a mangiare con
coltello e forchetta. Ormai, dotato di queste nuove maniere, partì per
l’Inghilterra, studiò Legge all’University College di Londra e divenne un
qualificato avvocato patrocinante. Eppure questo giovane uomo di legge, vestito
in giacca e cravatta, fu fatto scendere da un treno nella colonia britannica
del Sudafrica; questo perché aveva insistito a voler viaggiare in prima classe,
invece di accontentarsi della terza, prevista per le “persone di colore” come
lui. Si chiamava Mohandas Karamchand Gandhi.
Yuval Noah Harari, Sapiens-Da animali a dèi, pag. 251
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