venerdì 17 marzo 2017

La Militanza e la Formazione


di Andrea Balìa

Come da mio contributo estratto dal libro “Con il Sud si riparte” – Ed. Controcorrente Napoli, Prefazione di Luigi de Magistris e Introduzione di Michele Emiliano : “Il partito, o meglio un partito politico, è da ritenersi un’associazione tra persone accomunate da una medesima finalità politica, cioè da una visione politica comune. La sua funzione si esplica nello spazio della vita pubblica, e nelle attuali democrazie rappresentative ha per “ambito prevalente” quello elettorale. Nei fatti i partiti sono mediatori tra lo Stato e i cittadini, rappresentandoli e svolgendo una funzione di socializzazione politica. Esistono teorie che, come nel caso di Max Weber, identificano e denobilitano il ruolo del partito come ”associazioni costituite al fine di attribuire ai propri capi una posizione di potenza all’interno d’un gruppo sociale per il perseguimento di fini oggettivi e vantaggi personali”. Indubbiamente è una visione degenerativa del concetto di partito, anche se, purtroppo, riscontrabile in diversi esempi del secolo scorso sullo scenario europeo ed internazionale anche di altri continenti come quello sudamericano,asiatico e africano. E, diremmo,senza ombre di gran smentita, anche in quello specifico italiano negli ultimi 25 anni. Da qui il decadimento nell’opinione comune del termine partito, dovuta alla cattiva gestione diffusa che lo ha connotato bollandolo negativamente. Altresì va recuperato in quanto non negativo come sistema organizzativo, partecipativo, di militanza e rappresentativo, come da lezione gramsciana, ma soltanto come gestione inappropriata e strumentale.”

Di conseguenza fare parte d’un partito significa “partecipare”. Immaginiamo di iscriverci a un corso di Yoga, danza, o qualcos’altro e poi attendere eventuali risultati o verificarne benefici non frequentando. Può essere un atteggiamento credibile? In un partito si delega, è vero, alla dirigenza o a chi preposto a rappresentarci, il sintetizzare l’humus e le proposte degli iscritti, ma ciò non vuol dire esimerci dall’esserci, dal dare il nostro contributo, partecipare alle iniziative, ecc…e non certamente porci alla finestra o davanti ad un pc ad attendere gli eventi, guardare il percorso del partito cui si è iscritti e poi candidamente esprimere giudizi e valutazioni sul nostro eventuale gradimento e/o critiche. E questo (ovvero l’esserci…il partecipare) si chiama, con un termine che può suonare antico, forse sessantottesco, MILITANZA. Lasciando ad altri le valutazioni su quegli anni, il movimentismo politico e studentesco, tra gli insegnamenti lasciateci c’è proprio questo. Ad onore del vero il concetto di Militanza è antecedente e risale proprio alla costituzione dei primi partiti, ed è sempre stata caratteristica dei movimenti e partiti progressisti.

Per essere militanti bisogna altresì coniugarlo con la FORMAZIONE. Lo spontaneismo non è pagante, razionale, costruttivo. Per formarsi bisogna informarsi. E’ ammissibile dissertare, entrare in valutazioni sul merito di programmi, indirizzi, storia, scelte…avendo nessuna conoscenza, o come spesso succede avendone di parziali? Bisogna informarsi sugli argomenti, leggere, anche quello che ci aggrada di meno, ma avere sufficienti elementi per potere discernere, dare il proprio contributo, avere una visione – se non perfetta – almeno esauriente in maniera decente. Condividere lo spirito d’un partito, a grandi linee le sue idee ed orientamento, è ovviamente condizione di base ma non risulta sufficiente a far sì che si contribuisca al suo sviluppo e raggiungimento degli obiettivi individuati.

Riflessioni, sulla cui necessità ed attualità, presumo non dovrebbero esistere dubbi!
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Andrea Balìa

Vice Presidente Nazionale del Partito del Sud- Meridionalisti Progressisti

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