di
Andrea Balìa
Come da mio contributo
estratto dal libro “Con il Sud si riparte” – Ed. Controcorrente Napoli,
Prefazione di Luigi de Magistris e Introduzione di Michele Emiliano : “Il partito, o meglio
un partito politico, è da ritenersi un’associazione tra persone accomunate da
una medesima finalità politica, cioè da una visione politica comune. La sua
funzione si esplica nello spazio della vita pubblica, e nelle attuali
democrazie rappresentative ha per “ambito prevalente” quello elettorale. Nei
fatti i partiti sono mediatori tra lo Stato e i cittadini, rappresentandoli e
svolgendo una funzione di socializzazione politica. Esistono teorie che, come
nel caso di Max Weber, identificano e denobilitano il ruolo del partito come
”associazioni costituite al fine di attribuire ai propri capi una posizione di
potenza all’interno d’un gruppo sociale per il perseguimento di fini oggettivi
e vantaggi personali”. Indubbiamente è una visione degenerativa del concetto di
partito, anche se, purtroppo, riscontrabile in diversi esempi del secolo scorso
sullo scenario europeo ed internazionale anche di altri continenti come quello
sudamericano,asiatico e africano. E, diremmo,senza ombre di gran smentita,
anche in quello specifico italiano negli ultimi 25 anni. Da qui il decadimento
nell’opinione comune del termine partito, dovuta alla cattiva gestione diffusa
che lo ha connotato bollandolo negativamente. Altresì va recuperato in quanto
non negativo come sistema organizzativo, partecipativo, di militanza e
rappresentativo, come da lezione gramsciana, ma soltanto come gestione
inappropriata e strumentale.”
Di conseguenza fare
parte d’un partito significa “partecipare”. Immaginiamo di iscriverci a un corso
di Yoga, danza, o qualcos’altro e poi attendere eventuali risultati o
verificarne benefici non frequentando. Può essere un atteggiamento credibile?
In un partito si delega, è vero, alla dirigenza o a chi preposto a
rappresentarci, il sintetizzare l’humus e le proposte degli iscritti, ma ciò
non vuol dire esimerci dall’esserci, dal dare il nostro contributo, partecipare
alle iniziative, ecc…e non certamente porci alla finestra o davanti ad un pc ad
attendere gli eventi, guardare il percorso del partito cui si è iscritti e poi candidamente
esprimere giudizi e valutazioni sul nostro eventuale gradimento e/o critiche. E
questo (ovvero l’esserci…il partecipare) si chiama, con un termine che può suonare
antico, forse sessantottesco, MILITANZA. Lasciando ad altri le valutazioni su
quegli anni, il movimentismo politico e studentesco, tra gli insegnamenti
lasciateci c’è proprio questo. Ad onore del vero il concetto di Militanza è
antecedente e risale proprio alla costituzione dei primi partiti, ed è sempre stata
caratteristica dei movimenti e partiti progressisti.
Per essere militanti
bisogna altresì coniugarlo con la FORMAZIONE. Lo spontaneismo non è pagante,
razionale, costruttivo. Per formarsi bisogna informarsi. E’ ammissibile
dissertare, entrare in valutazioni sul merito di programmi, indirizzi, storia,
scelte…avendo nessuna conoscenza, o come spesso succede avendone di parziali?
Bisogna informarsi sugli argomenti, leggere, anche quello che ci aggrada di
meno, ma avere sufficienti elementi per potere discernere, dare il proprio
contributo, avere una visione – se non perfetta – almeno esauriente in maniera
decente. Condividere lo spirito d’un partito, a grandi linee le sue idee ed
orientamento, è ovviamente condizione di base ma non risulta sufficiente a far
sì che si contribuisca al suo sviluppo e raggiungimento degli obiettivi
individuati.
Riflessioni, sulla cui
necessità ed attualità, presumo non dovrebbero esistere dubbi!
.
Andrea Balìa
Vice Presidente
Nazionale del Partito del Sud- Meridionalisti Progressisti
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